L’ARCHIVIO
In un’intervista durante la XI Giornata Nazionale degli Archivi di Archittettura che vi riportiamo alla fine di questo articolo, Marianna Gaetani, del Dipartimento di Architettura e Design (DAD) al Politecnico di Torino, racconta e ripercorre il vastissimo archivio in loro possesso riferito alla costruzione del palazzo ex Rai, il nostro Palazzo Pietro Micca.
Centinaia di disegni. Centinaia di fotografie di studio del progetto realizzato. Ma non solo disegni e fotografie dal fondo di Domenico Morelli e da quello di Aldo Bottega, ma anche una corposa corrispondenza tra gli architetti, i loro collaboratori Rai, testimoni di un progetto davvero complesso.
il progetto, racconta Marianna, parte all’incirca nel 1959 su committenza Rai agli architetti Aldo Morbelli e Domenico Morelli, coadiuvati dal loro collega Aldo Bottega e da una nutrita squadra di ingegneri strutturisti – capitanata da Fabrizio De Miranda. La progettazione finirà nel 1961, e il cantiere nel 1968, anche se ci saranno aggiornamenti fino agli anni 80.
Molti saranno gli screzi tra le squadre di architetti e le squadre di ingegneri e la Rai in mezzo a tentare di mediare tra le varie posizioni.
Morelli ha avuto modo di interagire con le decine di ditte coinvolte, e spesso anche in maniera accesa con le squadre di ingegneri, capitanate da Fabrizio De Miranda, direttore dell’ufficio tecnico delle costruzioni metalliche Finsider. Molti saranno gli screzi tra le squadre di architetti e le squadre di ingegneri e la Rai in mezzo a tentare di mediare tra le varie posizioni.
LE RIVISTE DELLA RAI
Un’altra importante fonte di informazione, a fronte di una mancata organizzazione degli archivi Rai, sono le riviste del tempo. Marianna individua nelle tre riviste dell’azienda, la fonte principale: due rivolte ai dipendenti Rai e il Radiocorriere TV, venduto invece al pubblico.
Queste riviste consentono di ricostruire il susseguirsi di cantieri e inaugurazioni svolto in quegli anni, argomenti su cui i redattori contavano molto, ed erano episodi che si susseguirono in modo quasi incessante dal ’55 al ’68, quando il piano immobiliare della Rai subì un arresto.
Fondamentali anche per ricostruire quello che era il sentimento in seno all’azienda e anche in parte nei comuni delle amministrazioni comunali che venivano onorate da questi cantieri suggellando il successo di Torino con la presenza dell’azienda in città.
L’ARTE
La Rai fin dagli anni ‘50 ha cominciato ad acquistare e a commissionare dipinti, bronzi e arazzi, non per puro intento collezionistico, ma spinta dalla necessità di abbellire i suoi edifici direzionali. Anche il palazzo di Torino, non era da meno, e tra le tante opere presenti si annoverano pezzi molto pregiati come il dipinto Concerto del 1924 di Felice Casorati, la scultura Suonatori di Jazz, realizzata nel 1966 da Mario Giansone, e l’arazzo L’enigma di Febo, realizzato da Corrado Cagli nel 1965 che si imponeva nell’atrio del palazzo con i suoi 2.95 metri per 4.10 di grandezza.
LA DIREZIONE TECNICA
A partire dal ’56 la Rai suddivide l’azienda in otto direzioni centrali, e la direzione centrale tecnica televisiva viene assegnata a Torino. Nel palazzo esiste anche il centro elettronico ex meccanografico che prende spazio nel volume dei corpi bassi del grattacielo, di cui Torino soprattutto in questi anni, va molto fiera. Come tutti i torinesi che sono passati in quegli uffici a pagare l’abbonamento RAI sanno molto bene, questo centro elettronico gestiva principalmente la gestione degli abbonamenti, come afferma il professor Ortoleva durante l’intervista citata precedentemente. La gestione tecnica comprendeva un importante aspetto, quella radiofonica, che si rilanciò moltissimo dal sessantasei con la riforma dei programmi radiofonici, portando a Torino un’eccellenza sui programmi radio che ancora oggi la pone tra le prime d’Europa.
La gestione tecnica comprendeva un importante aspetto, quella radiofonica, che si rilanciò moltissimo dal sessantasei con la riforma dei programmi radiofonici, portando a Torino un’eccellenza sui programmi radio che ancora oggi la pone tra le prime d’Europa