Un gesto.
Esistono momenti nella storia in cui un singolo gesto, una piccola variazione, può trasformare un battito d’ali in un intero universo.
Si è detto tanto, forse troppo, su Pietro Micca.
Che fosse un eroe per caso, non avesse un reale senso di appartenenza, che morì per una svista, o fosse spinto dalla fame più che dall’amor patrio.
Quale sia stata la realtà, rimane il gesto.
L’azione coraggiosa di un uomo normalissimo che, come tutti, voleva solo vivere, libero.
Cambiare la storia in un momento.
E quel gesto si ripercuote su una guerra, cambia le sorti di un intero popolo, diventa un simbolo di resistenza e di rinascita, una vera e propria “sliding door”, come si dice nei film.
Qualcuno doveva accendere quella miccia, qualcuno doveva cercare di sopravvivere,
qualcuno doveva fermare il nemico in quel preciso momento.
E questo qualcuno, quella notte del 29 agosto 1706 era Pietro Micca.
Pietro Micca ci insegna che anche un minatore, una persona della strada, senza essere un supereroe, può fare la differenza e cambiare la storia in un attimo.
Il senso del luogo.
Qualcuno doveva pensare a questo palazzo da troppo tempo abbandonato, senza più un’identità, invisibile, come se non appartenesse più alla sua Torino.
Qualcuno doveva accendere la miccia, questa volta virtuale, ecologica, futuribile, per restituire al palazzo quel “senso del luogo” che da troppi anni aveva smarrito.
Qualcuno doveva aprire questa sliding door.
Il nemico in questo caso è il guarda e passa, l’indifferenza, la miopia.
Palazzo Pietro Micca.
Era ora che qualcuno ci pensasse.
Qualcuno doveva pensare a questo palazzo da troppo tempo abbandonato, senza più un’identità, invisibile, come se non appartenesse più alla sua Torino.
Qualcuno doveva accendere la miccia, questa volta virtuale, ecologica, futuribile, per restituire al palazzo quel “senso del luogo” che da troppi anni aveva smarrito.